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Latina – Si chiama Cadaverde la prima azienda agricola italiana a certificare che tutti i propri morti sul lavoro sono carbon neutral al 100%. Un risultato eccezionale che potrebbe fare da apripista verso un ulteriore salto di qualità in un settore da sempre trainante dell’economia italiana: lo sfruttamento del lavoro irregolare.
Nata a Latina nel 2021, durante la pandemia da Covid, negli ultimi due anni l’azienda ha investito gran parte dei suoi risparmi sul costo del lavoro in ricerca e innovazione ecosostenibile, creando una filiera green che coinvolge ogni aspetto della produzione, come rivendica orgogliosamente il suo proprietario Lino Ugo: “Stipiamo i migranti irregolari sui nostri furgoni a motore elettrico fino a riempire completamente il vano carico, così si fanno meno viaggi, l’azienda risparmia sui trasporti e l’ambiente ringrazia”.
Ma questo è solo il primo tassello di un sistema virtuoso costruito per essere totalmente autosufficiente, l’azienda si avvale infatti di tecnici specializzati che seguono i vari aspetti del ciclo, come il bioeconomista Salvo Lasalma: “I nostri lavoratori irregolari sono biodegradabili al 100%, per questo quando ne muore uno, o più, li lasciamo là dove sono, stesi a terra morti disidratati. Diventano quindi concime per le prossime coltivazioni, che verranno accudite da altri lavoratori irregolari, che a loro volta moriranno diventando nuovo concime. E così il cerchio si chiude!”
Ma la corsa verso la sostenibilità non si ferma e l’agguerrita concorrenza per trasformare le proprie aziende in modelli produttivi spinge molti imprenditori verso soluzioni sempre più innovative ed ecologiche.
È il caso di Riccardo Fleiscero, latifondista di Borgo Grappa, che ha appena lanciato il Soilente verde, una barretta energetica prodotta esclusivamente con scarti di morti bianche: “L’ispirazione ci è venuta seguendo l’esempio di Ugo Lino: usare i lavoratori morti come concime è perfetto, ma che fare con gli irregolari che muoiono soffocati nel furgone, oppure schiacciati da qualche trattore fuori dai campi? Trasportarli per farne letame non sempre è possibile, inoltre inquina l’ambiente”.
L’idea di Fleiscero è semplice ma geniale: costruire un macchinario che possa raccoglierli sul posto, tritarli, trattarli utilizzando esclusivamente prodotti bio e comprimerli in forma di barrette commestibili. “In pratica si tratta di una piccola fabbrica mobile – spiega l’ingegnera Benedetta Frusta, a capo del progetto – completamente alimentata dai pannelli solari sul tetto, che ottimizza la logistica: l’operaio muore soffocato, lo si butta fuori dal furgone, la fabbrica mobile lo raccoglie e trasforma, poi il Solilente viene dato come cibo per i lavoratori dei campi, che a loro volta moriranno soffocati nei furgoni, diventando cibo per i successivi lavoratori. E così il cerchio si chiude!”
Gianni Zoccheddu
(Quest’articolo è stato scritto anche grazie al sostegno di Box)
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Lercio
Cronaca, Scienza
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