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“Mi sta turbocopiando!”, Fusaro attacca Giuli per l’uso di parole a cazzo

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ROMA – È guerra aperta tra due filosofi, uno fatto e uno in fieri: da un lato Diego Fusaro, laureato in Filosofia della Storia e di X, dall’altra il Ministro della Cultura Alessandro Giuli, quasi laureato in Filosofia (se tutto va bene dovrebbe ottenere l’alloro a gennaio).
Il primo è diventato famoso per espressioni come “panconsumista erotico a immaginario ipersessualizzato”, oppure “il turbocapitalismo globocratico genera lo sradicato come profilo antropologico” e altri scioglilingua idioti, il secondo con costruzioni sintattiche ardite come “la quarta rivoluzione epocale della storia delineante un’ontologia intonata alla rivoluzione permanente dell’infosfera globale” e “dobbiamo riaffermare la centralità del pensiero solare della battaglia delle idee che si discioglie nella luce meridiana dello spirito mediterraneo” che ormai tutti usiamo correntemente.

E arriva proprio dal primo l’attacco al secondo: Diego Fusaro, infatti, ritiene che il Ministro stia copiando il suo modo balordo di parlare che era un po’ diventato il suo marchio di fabbrica, e ha presentato una denuncia per violazione del diritto d’autore (o almeno così sembra, dato che nessuno, leggendola, ci ha capito niente).
Raggiunto al telefono da Lercio, Fusaro ha dichiarato: “Con indignazione non dissimulata, mi vedo costretto a denunciare l’inaccettabile scimmiottamento perpetrato dal ministro Giuli, che riduce il logos a sterile artificio retorico. Giuli è l’epifenomeno del turbonichilismo culturale panodierno, dove anche la filosofia viene piegata a maschera decorativa per coprire il nulla. Tutte cose che finora ho fatto io e nessuno si deve azzardare a rubarmi, mortacci sua”, parole a cui il Ministro ha risposto con fermezza: “L’invettiva di Fusaro, lungi dall’essere un’apodosi coerente, si rivela un’ipostatizzazione di archetipi logosemici che, attraverso un gioco anaforico e metaleptico, rischia di degenerare in una paralipsi sofistica. La sua polemica risulta essere un’impresa eziolalica, volta a preservare un solipsismo ontologico che trascolora nella più sterile autotelia, esacerbata da un atteggiamento epigonale privo di qualunque aletheia concettuale”.
Parole dure, che rivelano, in modo chiaro, che le loro ipotiposi fallaci esprimono un’inanità ipostatica sintomo di un’epistemofobia cronica che culmina in pura tautarchia solipsistica.
Staremo a vedere come andrà a finire.

Stefano Pisani

(Quest’articolo è stato scritto anche grazie al contributo di Arnaldo di Latebiosa)

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