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“Pomodoro cinese made in Italy!”, la truffa che arriva sulle nostre tavole. Ecco come riconoscerlo

“Pomodoro cinese made in Italy!”, la truffa che arriva sulle nostre tavole. Ecco come riconoscerlo

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Carlo Petrini, noto gastronomosociologo e fondatore di Slow Food, ha lanciato un accorato appello sulle pagine de La Stampa, denunciando l’invasione di pomodoro cinese in Italia. “Non tutto il pomodoro che arriva sulle nostre tavole è prodotto in Italia”, avverte Petrini, sottolineando come la produzione nazionale non basti a soddisfare la domanda interna. I trend di mercato rivelano un costante aumento delle importazioni del frutto rosso, con un incremento del 50% nel 2023 delle importazioni dalla Cina, principale fornitore sia per l’Italia che per l’intera Ue.

Cosa pensa Carlo Petrini

Petrini spiega che il pomodoro cinese arriva a prezzi molto inferiori rispetto a quelli italiani, grazie al basso costo della manodopera e all’utilizzo di sostanze chimiche non regolamentate come nell’Ue. Questa concorrenza spietata spinge alcuni produttori italiani a ricorrere a pratiche criminali di caporalato, sfruttando i migranti-braccianti che lavorano in condizioni disumane. “Li vediamo ogni giorno aspettare i furgoni al mattino presto, ma voltiamo lo sguardo dall’altra parte”, denuncia Petrini.

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Non è raro che il pomodoro cinese venga inscatolato in Italia e poi venduto in Paesi africani come Ghana, dove è molto apprezzato. Questo processo di dumping danneggia anche i produttori africani, evidenziando che il prodotto importato e venduto come italiano ha standard qualitativi molto bassi. “Come possiamo uscire da questa spirale di schiavitù e sofferenza?”, si chiede Petrini, mettendo in evidenza le gravi conseguenze sociali ed economiche di questa situazione.

Per evitare di acquistare prodotti ingannevoli, Petrini consiglia di leggere attentamente le etichette. Un prodotto può sembrare italiano per l’indirizzo del produttore, ma ciò non garantisce l’origine italiana del pomodoro. È essenziale cercare diciture come “100% pomodoro italiano” o “origine del pomodoro: Italia” per avere la certezza dell’origine del prodotto. Se queste indicazioni mancano, è probabile che il pomodoro sia importato, e il consumatore rischia di essere vittima di una frode.

In conclusione, Petrini invita i consumatori a fare scelte più consapevoli per restituire al pomodoro il suo autentico valore, un gusto “più buono, pulito e giusto per tutti”. Solo così potremo davvero contrastare l’invasione del pomodoro cinese e difendere la qualità dei prodotti italiani.

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